Una richiesta, forte e pressante, si è levata da piazze e movimenti per tutto l’autunno: sciopero generale. La richiesta di una data miliare nella quale chi non vuole allineare e rassegnare a pagare supinamente i costi della crisi potesse aver modo di paralizzare questo paese e far tremare il governo con l’urto delle piazze e non con il feticcio dei piagnucolii contro B. ed il corrotto “sistema Italia”. Ma quell’urlo, che puntualmente si levava dalle mobilitazioni studentesche autunnali, se non ha nemmeno sfiorato le orecchie di sindacati gialli come la Cisl e la Uil (evidentemente troppo impegnati a piegarsi e a sottoscrivere i ricatti di Marchionne & company!), come un’eco lontano sembra essere giunto a quelle della Cgil che, foraggiato dalle istanze della Fiom, ha infine convocato lo sciopero generale per il 6 Maggio...
Non c’è dubbio: è una convocazione terribilmente tardiva, quasi in sordina e ridotta ai minimi termini, eppure ora sta a noi avere la voglia e la necessità di metterci nuovamente in gioco, per generalizzare uno sciopero da costruire ripartendo dalle facoltà, dalle scuole, dai collettivi, per cambiare di segno lo sciopericchio del 6 maggio. Per uno sciopero generale che (ri)parta dai nostri bisogni, che torni a gridare le parole d’ordine che hanno infiammato le piazze autunnali: che parli di precarietà e reddito, di una generazione che si sta vedendo sottrarre il proprio futuro ma che è decisa a riconquistarlo, metro dopo metro. La rabbia di piazza del Popolo del 14 dicembre è arrivata fino ai palazzi del potere, ha mandato un messaggio chiaro a chi pensa ancora di poter continuare ad agire indisturbato sulle e delle nostre vite... quanto sta accadendo nei paesi del Maghreb ci insegna come sia possibile immaginare il cambiamento, tradurlo in realtà!
Come studenti e studentesse di Scienze Politiche dentro lo sciopero generale del 6 maggio non potremo anche che portare la nostra opposizione alla guerra, oggi quantomai, con il nostro paese ufficialmente impegnato a bombardare la Libia... gridando forte il nostro “Nè con la Nato né con Gheddafi”, rifiutando e biasimando la funzione di addomesticamento e disciplinamento che si vuole imporre - tramite le ostilità e prepotenze armate! - alla primavera araba, alle sue rivoluzioni e insorgenze.
Attraverseremo lo sciopero generale con in testa e nel cuore la forza dell'esempio che le giovani generazioni maghrebine, dalla Tunisia all'Egitto, ci hanno regalato... convinti che nella generalizzazione della crisi, anche le lotte abbiamo e debbano avere la stessa ambizione e forza di trasformazione!
Editoriale della fanzine numero 0 del Collettivo di Scienze Politiche
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