sabato 9 aprile 2011

[L'angolo del tazebao] Cremaschi: «Disobbedisco al documento della Cgil sulla contrattazione»

La Cgil intende ripartire dalla contrattazione nazionale con un documento, ma ancora non c’è nulla di ufficiale. 
Non proprio. C’è un documento di cui ha discusso la segreteria senza alcun dissenso all’interno. E quindi sarebbe un gravissimo errore sottovalutarlo, perché non è un documento dell’esperto di turno. E’ stato fatto uscire prima dello sciopero generale per chiarire quale è il vero atteggiamento della Cgil verso l’iniziativa. Uno sciopero generale a metà, di quattro ore invece che otto e non contro la Confindustria. Lo stesso segnale che viene dato a Cisl e Uil, invitandoli a superare le incomprensioni del passato.

Il documento non sembra avere grandi idee innovative sulla contrattazione… 
Quel documento parte da una minimizzazione e uno stravolgimento della realtà, perché quando dice, in premessa, che su 89 contratti fatti 83 sono unitari e 6 sono separati vuole sostenere una tesi falsa e strumentale. Falsa, perché quei sei contratti separati riguardano la maggioranza dei lavoratori, circa sette milioni e mezzo. Strumentale, perché punta dritta all’accordo con Confindustria, Cisl e Uil. Il documento parte dal presupposto che le cose non vanno così male e quella di Marchionne è una eccezione. E’ da ciò che deriva uno sciopero generale il più innocuo possibile verso i padroni.

Il cedimento più importante però mi sembra che ci sia sul contratto nazionale. 
Il merito è una catastrofe perché è un venire incontro a tutti i desiderata degli imprenditori e dei sindacati che hanno firmato l’accordo separato del 2009. Non sposa certo le posizioni estreme di Marchionne, ma sulla riduzione drammatica del ruolo del contratto nazionale che viene ridotto a un contratto nazionale cornice si va in quella direzione.

E quindi siamo alle deroghe? 
Paradossalmente, il problema delle deroghe finisce perché la deroga presuppone un contratto nazionale vero. Il contratto cornice apre al federalismo e aziendalismo contrattuale. I salari, poi, in quello schema possono solo diminuire perché bisogna tener conto della competitività del mercato. Secondo, si apre la via alla clausola di responsabilità, ovvero all’esigibilità dell’accordo da parte degli imprenditori. Terzo, c’è la totale cancellazione della democrazia sindacale. C’è solo la misurazione del peso tra organizzazioni, niente che riguardi il pronunciamento dei lavoratori. Scopo della contrattazione è aumentare la produttività. Così si sposa la tesi della Confindustria.

La concertazione rispunta fuori e sembra una sorta di scelta ideologica, basata sul nulla…
 
C’è un ultimo capitolo che ripropone un ritorno totale alla concertazione, intendendo con questo termine la concertazione che serve a limitare l’autonomia del sindacato. Vorrei far notare che viene posta nell’ambito del federalismo fiscale, che la Cgil aveva rifiutato.

Cosa vuoi dire quando dici che va nella direzione di Marchionne? 
Si sostiene che se si vuole evitare che ci sia qua e là, fabbrica per fabbrica, il “marchionismo” si deve accettare l’ottanta per cento di quello che vuole Marchionne. E’ un documento persino più arretrato di quello unitario sottoscritto con Cisl e Uil nel 2008. E’ la conclusione della crisi del protocollo del ‘93 nel senso che si sposa con la posizione confindustriale moderata che sostiene che quel protocollo va rivisto da destra.

Insomma, più che un documento sindacale sembra un documento politico? 
Tutto ciò non può che essere spiegato con una volontà di rientro nei giochi politici, con una posizione che fiancheggia il partito democratico.

Come prevedi che vada nella dialettica interna? 
E’ un documento che non tiene conto dell’esperienza e della cultura dell’organizzazione e che implica una svolta autoritaria nell’organizzazione soprattutto rispetto ai lavoratori metalmeccanici e a quelli del commercio, che stanno subendo gli accordi separati. Una operazione di questo genere ha dei costi drammatici sul piano interno perché non si può certo ignorare che la materia contrattuale è la vita stessa del sindacato. E quindi la Cgil non può imporre con un voto di maggioranza alla Cgil stessa un modello contrattuale che è quello della Cisl. A un documento di questo genere non si risponde con il dissenso ma si disobbedisce.

Nessun commento:

Posta un commento